Questo approccio ebbe origine a partire da un vasto movimento di teorie e idee diffuse negli Stati Uniti durante gli anni ’50. In particolare, La “Scuola di Palo Alto” e il Mental Research Institute, con i loro maggiori esponenti (Gregory Bateson, Don D. Jackson, Jay Haley, Paul Watzlawick), furono i principali centri di sviluppo della terapia sistemica familiare.
Di cosa si tratta
Essa ha avuto il merito di evidenziare l’importanza non solo del mondo intrapsichico ma anche di quello interpersonale; infatti la psicoterapia sistemico relazionale si rivolge al paziente non come individuo isolato ma come membro di un complesso sistema di relazioni. Sintomi e disagio umano sono il risultato di un intersecarsi complesso tra esperienza soggettiva, relazioni interpersonali e autovalutazione. La famiglia è intesa come il sistema di riferimento principale nell’esperienza emotiva di una persona e si costituisce dall’interazione reciproca degli elementi che lo compongono.
Gli individui influenzano il sistema, così come il sistema influenza gli individui stessi. Qualsiasi cambiamento in una parte del sistema produce necessariamente un cambiamento nelle altre parti e nel sistema più ampio. Il susseguirsi delle diverse fasi evolutive comporta trasformazioni nella struttura e nelle comunicazioni della famiglia; queste modifiche possono essere talvolta fonte di crisi.
All’interno di questa logica, si considera la persona portatrice del sintomo come “paziente designato”. Questo termine sta ad indicare colui che, all’interno della propria famiglia (non si considera solo quella ristretta, ma si tiene conto anche di più generazioni) esprime o segnala un comportamento disfunzionale. Tale membro viene definito “designato”, poiché è come se fosse scelto dal sistema stesso per manifestare una modalità alterata di vivere, pensare, agire. I conflitti che tendono a disgregare il sistema-famiglia creano una tensione emotiva che in genere viene vissuta in termini drammatici dal soggetto portatore del sintomo; egli si fa carico, attraverso la manifestazione dei problemi, di distogliere i membri della famiglia dall’affrontare in modo manifesto le proprie difficoltà di relazione, accentrando l’attenzione su di sé. Il sintomo ha quindi una doppia valenza: segnala alla famiglia l’esistenza di un disagio e, nello stesso tempo, sposta il focus dalle reali cause, accentrando su di sé tutte le preoccupazioni degli altri membri.
Tutto ciò che è osservabile nel qui ed ora come i comportamenti, le relazioni, la comunicazione è una rappresentazione della storia del disturbo ed è, allo stesso tempo, il terreno su cui intervenire al fine di produrre il cambiamento terapeutico. Di conseguenza, le tecniche della terapia sistemico relazionale hanno per obiettivo la modificazione delle regole del sistema ovvero il cambiamento delle modalità di comunicazione e di interazione tra i membri.
Tecniche di intervento
L’osservazione di conflitti specifici all’interno della famiglia, dei metodi utilizzati per la risoluzione dei problemi, dei modelli di comunicazione verbale e non-verbale, della modalità espressiva delle emozioni nel contesto familiare, del grado d’accordo e disaccordo su valori, bisogni, aspettative della famiglia, della storia trigenerazionale della famiglia, del suo funzionamento attuale e delle proprie mete e cambiamenti.
L’assegnazione di compiti
L’uso di prescrizioni, dirette, indirette o paradossali
La “ridefinizione”, che permette la riformulazione del problema ed enfatizza gli aspetti positivi delle situazioni conflittuali vissute dal paziente
l’uso di stanze con specchi unidirezionali e videoregistratori, per rivedere e controllare le sedute
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